Esperienze di insegnamento dell’ITALIANO LS – L2: Erika Guerriero

Pubblichiamo con piacere la testimonianza di una giovane insegnante che ci scrive dalla provincia di Torino, Erika Guerriero.

Erika GuerrieroLa mia esperienza di insegnante di italiano per stranieri inizia qualche anno fa, quando, ragazzina, facevo conversazione con vicini di casa inglesi: adulti che si trovarono catapultati in Italia per lavoro, accompagnati a volte dalle loro famiglie o soli; adulti che erano affascinati dal mondo italiano: dalla cultura, dal cibo, dal paesaggio, dall’aria, dai colori…dal sole!

Tra il 2011 e il 2012 ho vissuto nella splendida Málaga, partecipando al progetto Erasmus. Chi l’ha fatto sa che in quell’anno ogni momento è buono per insegnare e per imparare, per confrontarsi su lingue e culture. Così organizzavamo aperitivi linguistici, tandem feste internazionali…

Ma il momento in cui ho capito che avrei potuto davvero diventare insegnante per stranieri è arrivato nel settembre 2013, quando l’Università degli Studi di Torino mi ha contattata per propormi di partire per la Spagna come lettrice di italiano: direzione Universidad de Extremadura. Così per due anni -2014 e 2015- ho vissuto a Cáceres.

Oggi ho 30 anni e la mia principale occupazione è insegnare lettere nelle scuole medie del mio paese – San Carlo Canavese (Torino) – sebbene organizzi anche corsi di italiano per stranieri, collaborando con una scuola di lingue. In particolare sto seguendo apprendenti giapponesi: un’utenza particolare perché parte di una cultura -linguistica e non- molto diversa dalla nostra. Sempre a San Carlo Canavese gestisco un Bed & Breakfast – Villa Perla – (http://www.bbvillaperla.com) e spesso abbiamo ospiti stranieri che, tra un caffè e una torta, dimostrano curiosità e interesse nei confronti dell’italiano, soprattutto quando capiscono che sono un’insegnante.

1. Qual è l’interesse verso la lingua e la cultura italiana nel tuo paese / nella tua città?

La Spagna è un paese molto simile al nostro, per lingua e cultura. Proprio per questo, però, spesso si sottovalutano le difficoltà delle lingue neolatine. È questo un errore reciproco, che commettiamo noi italiani nei confronti dello spagnolo quando, sorridendo, diciamo che “basta mettere una ·s· alla fine di ogni parolas”, e che commettono gli spagnoli quando pronunciano con maggiore melodia e accompagnano il discorso con il movimento delle mani (si sa, per il mondo noi siamo quelli che gesticolano in ogni momento) pronunciando le parole pizza, mafia, sole, Berlusconi. Insomma, viva i luoghi comuni!

Come sempre, comunque, bisogna pensare alla motivazione che spinge gli apprendenti a imparare una lingua: appena ci si allontana dalle idee preconfezionate, si scopre che l’italiano è una lingua meravigliosa, articolata, ricca, complessa e bellissima. E l’interesse sicuramente aumenta ampliando gli orizzonti.

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2. Per quali motivi i tuoi studenti sono interessati a studiare l’italiano?

Quando insegnavo all’università i miei studenti erano obbligati a scegliere due lingue straniere. E tra tutte, con una leggerezza eccessiva specchio del momento storico nel quale i giovanissimi oggi vivono, sceglievano l’italiano perché “facile”. Erano pochi quelli realmente interessati alla materia. L’italiano è una lingua matura, non per tutti: è una lingua di cultura, da assaporare e scoprire con pazienza. E la pazienza oggi manca a moltissimi! Penso anche ai miei attuali studenti delle scuole medie, che nella maggior parte dei casi odiano la grammatica ed hanno un bagaglio lessicale che assomiglia sempre più a uno zainetto. Per fortuna qualcuno si salva e regala qualche bella soddisfazione!

Sono comunque i giapponesi ad avermi stupita: metodici, pazienti e con un’invidiabile memoria. Mentre gli inglesi tendenzialmente non sono interessati ad imparare l’italiano: sono consapevoli di avere in mano la lingua ponte più forte del mondo!

3. Quali sono le difficoltà maggiori che incontrano gli studenti durante lo studio?

L’italiano è una lingua complessa, piena di regole ed irregolarità. La grammatica rappresenta sicuramente l’ostacolo più grande, insieme alla pronuncia. Per gli spagnoli, per esempio, abituati agli accenti grafici che li aiutano nella lettura, è difficile ricordare la pronuncia delle parole. Mentre molti sistemi linguistici non posseggono i nostri suoni. Occorre lavorare moltissimo sulla fonetica e sulla fonologia, ma i risultati – quando c’è impegno e motivazione – arrivano. Certo l’insegnante ha il dovere di insistere. Se penso ai “miei” giapponesi…non so quante volte ho spiegato la differenza tra “molto” e “morto”! Repetita iuvant.

4. Che cosa credi che manchi per una maggiore diffusione dello studio della lingua italiana?

Tutti noi dovremmo essere sponsor della nostra Italia! Prima ancora che insegnanti di lingua, dovremmo essere amanti della nostra cultura, conoscitori del nostro territorio, ammiratori delle nostre particolarità. Occorre anche continuare a lavorare sulla formazione e sulla valorizzazione dell’insegnante di italiano L2 e, soprattutto, dovremmo amare di più il nostro paese, lasciando da parte una volta per tutte i vecchi stereotipi che ci caratterizzano, lavorando sull’immagine del nostro paese nel mondo.”

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Conclude infine Erika:

Raccontare di sé non è per nulla facile, soprattutto perché, come dico spesso, “chi scrive sa già tutto”. Recentemente, però, ho frequentato i corsi volti a conseguire i 24 CFU utili per il nuovo percorso FIT, e ho studiato un po’ di psicologia, antropologia e didattica – materie già approcciate in passato, ma che, ogni volta, riaprono pensieri e sentieri di apprendimento, così ho riflettuto sull’importanza del raccontare e ho accettato con entusiasmo all’idea di parlare della mia esperienza di insegnante di italiano L2.

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